lunedì 28 maggio 2012

Incontro con Giancarlo Berardi

Lo scorso 5 maggio ho avuto la fortuna e il piacere di incontrare Giancarlo Berardi nella Biblioteca Sicilia di Milano. Mi trovavo nei paraggi e non potevo non andare.


Da sempre amo e seguo Julia e avere l'occasione di conoscere il suo 'papà' è stata un'esperienza unica. Eravamo un gruppetto ben fornito, pioveva a dirotto tanto da essere costretti ad andare nella zona bambini ed è venuta fuori una discussione di oltre due ore di notevole interesse. Abbiamo parlato di come nascono le sue storie, di cosa ami leggere, abbiamo parlato di cinema e musica. Assieme a lui erano presenti tre grandi disegnatori del fumetto: Roberto Zaghi, Ernesto Michelazzo e Claudio Piccoli, che ci hanno fatto dei disegni da portare via (ovviamente saranno tutti incorniciati e da me custoditi gelosamente).
Giancarlo Berardi è un uomo unico, grande conoscitore dell'animo umano, come si evince dalle sue storie, molto preparato e un uomo di notevole cultura. Grande narratore, nonostante la sua timidezza, con la sua umiltà e gentilezza mi ha fatto sembrare il mondo un posto migliore.

Disegnare un albo non è cosa semplice. E' un lavoro di gruppo, ed ognuno ha la sua particolare caratteristica. Alla mia domanda di quanto impiegassero a finire un numero di Julia, mi hanno risposto che ci vuole circa un anno! Ed io che credevo ci volesse un mesetto...


Il gruppetto presente


Artisti all'opera



Tre dei disegnatori:
 Roberto Zaghi, Ernesto Michelazzo e Claudio Piccoli 
Io con Berardi



Roberto Zaghi all'opera


Alcune tavole esposte

Tavola firmata Roberto Zaghi






domenica 27 maggio 2012

Molto forte, incredibilmente vicino

di Stephen Daldry
con Thomas Horn, Tom Hanks, Sandra Bullock, Max von Sydow, Jeffrey Wright, Viola Davis, Paul Klementowicz, Julian Tepper, John Goodman, Zoe Caldwell
Usa 2012


Oskar Schell è un bambino straordinario che vive un rapporto intenso con suo padre. Il seguito all'attacco delle torri gemelle il genitore perde la vita ed Oskar per caso, frugando nell’armadio, troverà una chiave che sembra avere lasciato il padre. Inizierà così una lunga ricerca nel tentativo di trovare ciò che quella chiave apre e questo lo condurrà lungo la città a conoscere molte storie, molte persone, le quali, ognuno a suo modo, hanno perso qualcosa.
Tradurre in immagini un libro intenso e di notevole successo come quello di Jonathan Safran Foer non è cosa facile. E' uno dei primi libri che ha affrontato la tragedia dell'11 settembre americano e porta con sé un forte carico emozionale. Il rischio era quello di cadere nel melenso e nel retorico. Rischio in parte avveratosi perché il film a tratti pecca di certa retorica già vista, già sentita, soprattutto nelle parti che vedono Tom Hanks e Sandra Bullock, i due genitori, particolarmente mielose ed enfatiche. Sandra Bullock in modo particolare non ha alcuna espressività necessaria al luogo che ricopre. Tom Hanks, invece, è più profondo e meno pomposo.
D'altra parte, però, il film si lascia vedere, immergendo lo spettatore nella sofferenza che Oskar vive, bambino che pare soffrire della sindrome di Asperger, ma forse è semplicemente un bambino intelligente, che soffre per una perdita così devastante. Il percorso che intraprende alla ricerca di ciò che la chiave apre, nella forte speranza di trovarvi un messaggio del papà, è dolce e doloroso allo stesso tempo. E' un modo per esorcizzare il dolore che prova, un modo per affrontarlo e per crescere attraverso gli altri. Conoscerà molte vicende umane in un percorso fatto di domande e incertezze. Oskar ha paura, usa un tamburello per tranquillizzarsi e porta dentro di sé sensi di colpa che col tempo, e grazie a questa ricerca, proverà a superare, scongiurare. Un film intenso dal significato penetrante al quale Stephen Daldry (regista di Billy Elliot, The Hours e The Reader) è comunque riuscito a dare una impronta personale e significativa. Innegabile è che queste tematiche che sulla carta hanno un certo significato e una vita propria, sulla schermo perdono quella sostanza tipica di un libro. Cadere nel sentimentalismo è facile e rischioso. E in tale retorica ci si cade un po’ per forza di cose: da una parte l’11 settembre con le sue vittime e dall’altra un bambino introverso, poco incline alla socializzazione e con fissazioni particolari che cerca un segno del padre. Thomas Horn nel ruolo di Oskar è capace ed efficace, qualcosa si perde nel doppiaggio, ma tutto l’impianto recitativo è retto da lui.


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Pubblicato su: Cinema4stelle


sabato 26 maggio 2012

Saguaro


Segnalo oggi l'uscita di una nuova serie targata Sergio Bonelli Editore: Saguaro.
Un nuovo numero 1 in edicola è per me appuntamento importante, per questo custodisco nelle mie mani il prezioso albo che ancora non ho letto. Personaggio creato da Bruno Enna, che si avvale tra gli altri disegnatori anche di Alessandro Poli che, chi ha letto Cassidy o Demian (due mini-serie sempre Bonelli, entrambe per me tra le migliori che abbia mai letto) già conoscerà oltre che da Fabio Valdambrini, Luigi Siniscalchi, Marco Foderà, Italo Mattone, Elisabetta Barletta, Paolo Armitano & Davide Furnò, Fabrizio Busticchi & Luana Paesani, Alessandro Pastrovicchio e Ivan Vitolo.

Il personaggio è così presentato: "Thorn Kitcheyan, reduce dalla guerra in Vietnam, torna a casa, nella riserva navajo, per affrontare il suo passato, ma anche le tensioni e i contrasti del presente". Il tutto avverrà  a: "Window Rock, Arizona, 1972. Nella riserva navajo, molti nativi vivono ancora nell'indigenza, mentre i proprietari terrieri e le corporation fanno i loro interessi, con il benestare dei politici locali". (Fonte: sito Sergio Bonelli)
Non avendolo ancora letto non so com'è, né se proseguirò con l'acquisto, so solo che mi ispira moltissimo!!

Numero 1!


venerdì 25 maggio 2012

Special Forces

di Stéphane Rybojad
con Diane Kruger, Djimon Hounsou, Benoît Magimel, Denis Menochet, Raphael Personnaz, Alain Figlarz,Mehdi Nebbou, Morjana Alaoui, Raz Degan, Tchéky Karyo
Francia 
2012



Elsa Casanova è una giornalista francese che in Afganistan svolge il suo lavoro, raccontando, attraverso la voce di una giovane donna, tutte le atrocità subite dalle donne afgane da parte dei Talebani. Questi ultimi, scoperto l’intento della giornalista, decidono di farla sparire, sequestrandola. Il governo francese, però, decide di intervenire per liberare la coraggiosa inviata e manda un gruppo di forze speciali che subito adempiono al loro compito, ma perderanno i contatti con la base. Dopo dovranno riuscire a portare in salvo se stessi ed Elsa cercando di superare il confine tra Afganistan e Pakistan mettendosi in salvo in qualche località protetta dove i Talebani non hanno potere. Inizia così un lungo viaggio, pericoloso, impervio, pieno di perdite e difficoltà con i Talebani alle calcagna. 
Non siamo abituati a veder affrontare queste tematiche, quasi sempre di stampo americano, da registi francesi. Eppur il regista Rybojad, che ha alle spalle un passato da documentarista militare, si muove con classe affrontando tale argomento con consapevolezza e conoscenza. E’ un film che nel suo genere, e per chi lo ama, risulterà un film ben fatto e orchestrato. Siamo lontani dall’idea di uomini tutti muscoli che nel tentativo di salvare la giornalista francese vengono inneggiati a eroi della patria. Ciò che viene fuori nel corso della loro fuga è la psicologia di ogni personaggio che pian piano si delinea attraverso quei sentimenti che fanno dell’uomo un essere umano con tutte le sue paure. Il senso di impotenza, di rabbia, di colpa, la voglia di farcela, il timore, ma anche l’orgoglio. Diane Kruger nel suo ruolo di giornalista pasionaria e coraggiosa fa la sua degna figura, così come tutti gli altri attori presenti. Il capo dei Talebani, invece, è interpretato da un Raz Degan che riesce a convincere, forse aiutato dai suoi colori e lineamenti tipici del posto. Il ruolo della donna afgana costretta a coprirsi e a subire quotidianamente torture fisiche e psicologiche è l’incipit di una vicenda che poi si concentra sul tentativo disperato dei francesi di liberarsi dagli estremisti armati. La fuga come segno di rivolta, di ricerca di sé, ma anche come motivo per capire lo scopo di ciò che si fa nelle proprie vite. Lo mette in discussione un soldato che impaurito si chiede se ne valga la pena, pone il dubbio Elsa, come giornalista e come donna. 

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Pubblicato su: Cinema4stelle

giovedì 17 maggio 2012

Quella casa nel bosco

di Drew Goddard
con Richard Jenkins, Bradley Whitford, Chris Hemsworth, Fran Kranz
Usa 2012


Ecco uno dei film più sorprendente degli ultimi tempi: quella casa nel bosco è un horror diverso e molto coinvolgente. Spiegare la trama significherebbe rovinare il gusto di chi si avvicina a questa pellicola. Come recita giustamente la tagline della locandina: "tu credi di conoscere la storia". Sì, perché inizia come il più tipico dei film horror: cinque ragazzi che decidono di andare a passare il week-end in una casa nel bosco. Ci sono tutti i personaggi tipici del genere: l'atleta muscoloso e virile, la bionda un po' oca, la secchiona che porta dietro libri, il tipo intellettuale e lo scemo della brigata. Una volta giunti nel bosco, però, dimenticate le solite prassi degli horror (almeno di quelli più scadenti), ma cercate di guardare 'oltre', ma anche 'sotto'. Non sono una consumatrice di film del genere, ma questo mi ha incuriosita e dico a ben ragione perché di estremamente spaventoso non vi è poi nulla, ma è una sorta di thriller ben strutturato. Geniale. E' anche un omaggio a vari personaggi dello scenario horror, che ritornano con chiaro rimando e con vari riferimenti. Parlare o tentare di spiegare questo film è cosa ardua perché si rischierebbe di fare del triste spoiler. E' un horror, thriller, con una spruzzata di comedy nera, che cerca di smontare le strutture tipiche dei film horror, rimontandole sul finale. Un film che parla di finzione nella finzione, un tantino splatter e caratterizzato da humor nero, cosa che lo rende ravvisabile come atmosfere e sensazioni a Scream. A dir la verità, un po' mi ha ricordato anche la serie tv (mini, di 5 puntate) dello scorso anno Dead Set e se l'avete vista capirete il perché. Per certi versi, tipo il dialogo o l'eta dei personaggi o il clima che si respira può apparire come un teen horror, tuttavia è il meccanismo che muove la pellicola che lascia lo spettatore disilluso ed incredulo. Irrealtà, doppiezza, finzione, insomma metafisica dell'horror.

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sabato 12 maggio 2012

New Girl

Mentre voi dibattete sulla chiusura de Il Manifesto, io mi dispero per la fine (per questa stagione) di alcune serie tv tipo The Big Bang Theory (che ha chiuso un'altra stagione esilarante), Fringe, Criminal minds, I diari del Vampiro. Per fortuna sono iniziate The Killing e The Game of Thrones, nell'attesa di True Blood (più serie tv che recupero tipo Prison Break e Dexter, ma la lista è lunghissima).


Ma ciò su cui vorrei porre l'attenzione è New Girl. Terminata da poco, m'ha scaldato il cuore. Diciamolo: nella vita c'è bisogno di 20 minuti a settimana di questo tipo di sit-com, un po' stile Friends, Sex and The City o il formidabile The Big Bang Theory. New Girl è partita senza troppe pretese lo scorso gennaio ed è riuscita a ritagliarsi uno spazio grazie alla vitalità che la contraddistingue, rafforzandosi episodio dopo episodio, difatti la seconda metà della stagione ha fatto faville. Fresco, simpatico, leggero, ironico, racconta di Jess, una particolare maestra, che dopo aver rotto col suo fidanzato, va a vivere con tre ragazzi, portando scompiglio e risate. Zooey Deschanel, bellissima, con uno stile anni '60 impeccabile ed invidiabile, è Jess ed è una ragazza frizzante e dai modi garbati, ma egocentrici, solare e con un modo di fare non molto normale. Con le sue strane manie ne combinerà di tutti i colori, finendo sempre per fare figuracce pessime. Stringerà una leale amicizia coi coinquilini Nick, Schmidt e Winston.
Puntata dopo puntata verranno fuori i vizi e le virtù di questi nuovi trentenni con le loro situazioni tragico-sentimentali, i loro problemi nel trovare o mantenersi un lavoro, la vita in casa insieme, il sesso. Schmidt è sicuramente il più strano e la vera macchietta dello show, con la sua mania della perfezione fisica e la convinzione di essere un play boy. Nick è un barista che ha lasciato giurisprudenza senza ancora sapere bene perché ed è alla ricerca del suo posto nel mondo. Winston, ex atleta, cerca lavoro e si svilupperà bene verso la metà della serie. Poi c'è Cece, modella e amica di Jess che porterà parecchio scompiglio ormonale. I cinque presto si affezioneranno e daranno vita a una simpatica convivenza. New girl è esilarante e tutto da gustare.

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Ps: a parte la mia triste battuta iniziale, se Il Manifesto chiude si dà un altro brutto strattone alla libertà di stampa e di opinione nel nostro Paese. E sarà l'ennesima sconfitta.



Let's be honest, Schmidt is the show.



giovedì 10 maggio 2012

Chronicle

di Josh Trank
con Dane DeHaan, Alex Russell, Michael B. Jordan
Gran Bretagna, Usa
2012


Non bastano dei super poteri per fare dei super eroi. E questo l'avevamo inteso già grazie a Misfits, dove un gruppo di giovani non solo non sa che farsene dei poteri che accidentalmente gli sono affidati, ma addirittura recano danni e morti varie. Stesso schema in Chronicle, dove Andrew, Matt e Steve scoprono per caso un cratere, all'interno del quale sono esposti ad una specie di cristallo che emana una luce particolare, in seguito al quale acquisiscono del poteri telecinetici. All'inizio è un gioco, uno sperimentare divertente e originale, ma presto il gioco finirà per dare spazio a un delirio di onnipotenza. Girato utilizzando il metodo del found footage, solo attraverso le telecamere dei protagonisti scopriamo la storia. Andrew riprende tutto ciò che ha davanti, per nascondere la sua timidezza, dietro la macchina da presa si sente più sicuro, data anche la difficile situazione familiare che vive. E' il più debole del gruppo, quello più chiuso e insicuro che con i poteri prende consapevolezza di sé fino ad arrivare ad un crollo psicotico, iniziando ad utilizzare il proprio potere con crudeltà e senza alcun limite. E se prima si nascondeva dietro la telecamera, ora diviene il protagonista del 'suo' film, mostrandosi e partecipando più attivamente. Un film che parla del potere e di come nelle mani sbagliate possa divenire letale. Di come il potere annebbi la vista e porti la natura umana a degenerare e a perdere il senso stesso delle cose. Proprio come Andrew, che preso dalla disperazione per la malattia della madre, perde la ragione  e porta in scena tutta la sua rabbia. Un ragazzo difficile, con un'esistenza traumatica che degenererà fino a perdere il senno, ricordandoci in questo crollo e in molte scene il film del 1976 di Brian De Palma Carrie-Lo sguardo di Satana. 


Un film che non fa un abuso di effetti speciali, ma che si concentra, nonostante le particolari scene, sulla storia, sui tre giovani e sulla piega che prenderanno le loro vite. Un piccolo cult del genere, non privo di imperfezioni, più vicino a un pubblico giovane alle prese coi problemi adolescenziali che gli stessi protagonisti vivono, una sorta di teen horror-fantascientifico, da riconsiderare tra qualche anno, vedendo nel frattempo come invecchierà.

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